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JESI Ospedale civile Vittorio Emanuele III

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JESI  DALL’OSPEDALE SANTA LUCIA AL CIVILE VITTORIO EMANUELE III

(1) L’attuale ospedale di Jesi, situato al centro della città  è quello fondato, per volontà del Vescovo Antonio Fonseca, a metà del secolo decimottavo. Nel 1743 il padre Priore dei Fatebenefratelli, Girolamo Ferrari, redasse un progetto che rispondeva alla esigenze igienico-sanitarie del tempo. Non esistevano allora le divisioni di medicina e chirurgia e tantomeno i vari reparti specialistici. L'ospedale era diviso in due settori ben distinti: una sezione era riservata alle malattie infettive (peste, colera, malattie esantematiche ecc.) che ricorrevano costantemente con maggiore o minore virulenza; l'altra raccoglieva i feriti, quelli per incidenti, infortuni o ferite da battaglie per le frequenti scaramucce che facilmente avvenivano fra le avverse fazioni.  E guai se le ferite si infettavano: era la fine perché interveniva la sepsi, e non c'erano gli antibiotici.  Per tenere separati gli ammalati dei due gruppi, a tipo grande divisorio, al centro dell'ospedale costruirono la chiesa che naturalmente era adibita anche al servizio religioso dei ricoverati.   Inoltre è anche bene ricordare come in quei tempi chiamare il medico e ricoverarsi in ospedale (anche nei periodi di colera) era da considerarsi più una eccezione che una regola, sia per l'onere economico che comportava, sia per il carattere paternalistico e filantropico, prima ancora che curativo, su cui si basava il concetto di assistenza.  Infatti le presenze giornaliere dell'ospedale di Jesi dedicato a San Giovanni di Dio erano relativamente basse, per un complesso ospedaliero che era fatto per accogliere molti più malati. Si ricordi infatti che quando passò la furia napoletana furono ricoverati ben duecento soldati francesi tra malati e feriti, e nel 1861, quando passarono le truppe italiane che presero possesso dello stato Pontificio, furono ricoverati oltre duecento soldati. Nel 1736 la benemerita Confraternita di S. Lucia aveva acquistato un appezzamento di terra di proprietà della contessa Teresa Ubaldini.  Il 19 Febbraio 1741 i priori della confraternita stabilirono di costruirvi il nuovo ospedale.  Il 3 Gennaio 1742 il Vescovo Fonseca ottenne dal Papa Benedetto XIV l'autorizzazione mediante « breve » a trasferire tutti i diritti, beni, ragione et azioni  della confraternita di S. Lucia all'ordine dei frati di S. Giovanni di Dio con l'obbligo di edificare il nuovo ospedale.  Il 9 aprile 1743 aveva luogo la posa della prima pietra. I lavori terminarono quattordici anni dopo. Il giorno di Pentecoste, 29 maggio 1757, il Vescovo Fonseca lo inaugurò.  La capienza dell'ospedale poteva arrivare, in caso di necessità anche a duecento persone, ma verso la fine del secolo XVIII i ricoverati non erano più di dodici o al massimo sedici, di cui due terzi maschi.  Pare che il fabbricato fosse ordinato in questo modo: nell'ala a sinistra dovevano essere ricoverati i malati infettivi (ne è prova il fatto che nei lavori di costruzione dell'ultima ala è stata trovata una camera sotterranea ad uso di ossario dove verosimilmente i cadaveri venivano gettati dall'alto, perché la catasta delle ossa era a forma di piramide). Tale camera si trovava adiacente alla parte sinistra mentre i malati chirurgici dovevano essere dal lato opposto.  I malati erano ricoverati solo al piano terreno, mentre al primo piano erano sistemati tutti i servizi, e all'ultimo gli alloggi per il personale di servizio, religioso e laico.  Nel 1798 l'amministrazione ospedaliera, sempre gestita dai Fatebenefratelli, volle migliorare la situazione finanziaria perché le spese per i nove religiosi e per i dieci inservienti erano insostenibili. Ma arrivò Napoleone e tutto fu interrotto.  Negli anni successivi, alla popolazione crescente della città e della diocesi fu offerta una sempre migliore assistenza, e se durante la requisizione dell'ospedale da parte prima dei francesi e poi delle truppe italiane, il letto era un semplice pagliericcio steso per terra, successivamente, ed in tempi ordinari i frati ripresero la loro attiva assistenza.  Il decreto Valerio (governatore della provincia di Como, regio commissario generale straordinario nelle province delle Marche) n. 705 del 3 Gennaio 1861 sancisce la soppressione degli ordini religiosi. Da queste sono escluse tutte quelle confraternite aventi funzioni caritative-assistenziali.  Si arriva così al 1862, quando, per il disposto della legge del 3 agosto n. 753, il Pio istituto dell'ospedale viene assoggettato alla tutela della Deputazione Provinciale l'amministrazione dell'ospedale viene affidata alla Congregazione di Carità.  In quegli anni la reale capacità ricettiva dell'ospedale era stata aumentata a trentasei posti letto con una media giornaliera di venti presenti e la sua attività si svolgeva in due corsie e in altre piccole camere annesse.  I frati spogliati di ogni interesse ebbero più tempo a beneficio degli infermi, ma si scontrarono con i problemi della loro sopravvivenza: erano infatti pagati solo con vitto, alloggio e 15 paoli al mese, mentre i laici godevano di compensi più alti.  In un documento del 1904 è presente un elenco del personale dell'ospedale, otto persone religiose di cui: un direttore amministrativo, un farmacista, un sotto farmacista, un infermiere, due sotto infermieri, un dispensiere, un cappellano.  Il personale laico è composto da: sette infermieri, un in serviente alla farmacia, due cuochi, un guattero, un portiere.  L'anno 1904 è importante per la storia dell'ospedale in quanto i frati dell'ordine di S. Giovanni di Dio vengono sostituiti nell'impiego ospedaliero dalle suore  “Figlie di S. Anna”.  Il nuovo personale doveva essere costituito da dieci suore, un cappellano, quattro inservienti, un portiere.  E' oscuro invece il motivo per cui i Fatebenefratelli furono allontanati o abbandonarono spontaneamente l'ospedale.

(2) L'Ospedale fu eretto in ente morale con r.d. 5 agosto 1865, con la denominazione di Ospedale civile degli infermi. Il suo statuto organico venne approvato con r.d. 9 giugno 1895.  Con successivo r.d. 9 agosto 1929 l'opera pia assunse la denominazione di Ospedale civile Vittorio Emanuele III, rimanendo in gestione alla Congregazione di carità sino alla costituzione dell'Ente comunale di assistenza nel 1937. Scopo statutario dell'ospedale, come risulta da un regolamento interno del 1910, era prestare ricovero e cura gratuita agli infermi poveri dell'uno e dell'altro sesso, purché non affetti da malattie epidemiche; erano ammessi anche malati a pagamento. Inizialmente fu dotato dei soli reparti di medicina e chirurgia, ciascuno diviso in due sezioni, maschile e femminile. Annessi all'ospedale erano un ambulatorio al servizio gratuito dei poveri ed una farmacia.  Nel 1939 l'Opera pia Ospedale venne decentrata dall'ECA per essere raggruppata, assieme ad altre quindici opere pie aventi fini diversi dall'assistenza generica, negli Istituti riuniti di beneficenza, istituiti con r.d. 2 febbraio 1939.  Con d.p.r. n. 699 del 13 luglio 1969 venne riconosciuto l'Ente ospedaliero Ospedale generale provinciale Vittorio Emanuele III, con sede in Jesi, in sostituzione della preesistente opera pia. L'ente è stato amministrato dagli IRB fino al 1 febbraio 1971, data di insediamento del nuovo consiglio d'amministrazione. La successiva fusione dell'Ospedale civile con l'Ospedale specializzato provinciale Murri, ha portato alla costituzione dell'Ente ospedaliero generale provinciale Ospedale riuniti di Jesi, sancita con decreto del presidente della Giunta regionale n. 516 del 13 gennaio 1976. Dopo la soppressione degli enti pubblici ospedalieri e l'istituzione del servizio sanitario nazionale, l'ospedale jesino è diventato una struttura ospedaliera della USL n. 10 e successivamente, della USL n. 5 di Jesi (dal 1996 Azienda unità sanitaria locale n. 5 di Jesi).




 
Dal passato al futuro... un viaggio nel tempo dei templi della salute
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